LA LEUCEMIA LIFOBLASTICA ACUTA – LLA

La LLA è un tumore del sangue caratterizzato dalla proliferazione incontrollata nel midollo osseo di una cellula staminale della linea linfoide che non ha completato il processo di sviluppo e maturazione. Le cellule linfoidi quando completano il loro processo di maturazione danno origine ai linfociti, un gruppo di globuli bianchi utili per la difesa dalle infezioni. La malattia può insorgere in seguito a lesioni genetiche multiple che portano le cellule a perdere una serie di funzioni, compreso il controllo replicativo, favorendo così la formazione di cloni cellulari (linfoblasti) in grado di proliferare senza controllo, fino alla quasi totale sostituzione della normale popolazione cellulare. Il termine “acuta” si riferisce al fatto che la leucemia cresce velocemente e che se non trattata può essere fatale in pochi mesi. La leucemia parte dal midollo osseo e quindi può espandersi nel sangue o in altre parti del corpo (linfonodi, milza, fegato, sistema nervoso centrale…).

 

INCIDENZA

La LLA è una malattia peculiare dell’età pediatrica e rappresenta il tumore più frequente nei bambini, con una stima di 3-4 casi ogni 100.000 persone al di sotto dei 18 anni di età. L’incidenza presenta un picco entro i 10 anni di età, per calare nell’età adulta ed aumentare un poco di nuovo al di sopra dei 50 anni, rimanendo comunque una malattia rara.

 

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO

La LLA è una malattia sistemica per definizione e si sviluppa per cause non ancora definite, ma per innescarne lo sviluppo sembra essere fondamentale una componente multifattoriale. Certamente hanno rilievo le numerose lesioni genetiche che si originano nel corso dello sviluppo delle cellule ma queste, da sole, non sembrano essere sufficienti per dare origine ad una leucemia. Dal punto di vista ambientale è accertata una relazione di causalità diretta tra l’esposizione ad alte dosi di radiazioni e/o a sostanze chimiche tossiche, come il benzene, e l’insorgenza della malattia. Probabilmente, quindi, la LLA si sviluppa per una combinazione di effetti derivanti da cause ambientali e genetiche.

 

SINTOMI E SEGNI

I sintomi e segni più frequenti sono conseguenza dell’alterata sintesi delle cellule del sangue e dell’infiltrazione da parte delle cellule neoplastiche nei tessuti:

  • perdita di peso, stanchezza, febbre, sudorazioni notturne, inappetenza.
  • mancanza di fiato, giramenti di testa, pallore cutaneo, tachicardia
  • aumentato rischio di sanguinamenti (epistassi, sanguinamento gengivale)
  • aumentato rischio di infezioni
  • ingrossamento dei linfonodi superficiali e profondi
  • ingrossamento del fegato e della milza (epatosplenomegalia)
  • alterazioni cognitive rare in caso di infiltrazione nel Sistema Nervoso Centrale

 

DIAGNOSI E DECORSO

La diagnosi di LLA richiede:

  • Esami del sangue, in particolare l’emocromo presenta un elevato numero di globuli bianchi in circolo, un basso livello di emoglobina e di piastrine. Lo striscio di sangue periferico permette di osservare le caratteristiche morfologiche dei globuli bianchi poiché spesso si tratta di linfoblasti, cioè delle cellule immature
  • Esame del midollo osseo: presenza di linfoblasti in percentuali > 20%, l’analisi del midollo integra diverse informazioni (morfologiche, immunofenotipiche, citogenetiche e molecolari) che ci aiutano a definire la tipologia di LLA e che hanno significato prognostico. L’analisi dell’immunofenotipo, consente di evidenziare alcune caratteristiche peculiari della cellula leucemica, ovvero definisce il fenotipo B o T della cellula, presenti con una frequenza pari a 86% e 14% rispettivamente. È anche possibile che non si riesca a definire il fenotipo delle cellule e in questi casi si parla di leucemie «ibride» o «bifenotipiche». L’utilizzo della biologia molecolare è di fondamentale importanza per la diagnosi e affianca le analisi citogenetiche. Una tipica traslocazione è quella nota come cromosoma Philadelphia in cui dallo scambio di materiale genetico tra il cromosoma 9 ed il 22, nasce una nuova proteina funzionale (BCR-ABL), causa principale della malattia. Quando questa mutazione è presente la malattia si definisce Philadelphia positiva (Ph+), negativa quando non viene rilevata (Ph-).
  • Rachicentesi con analisi del liquor per valutare la presenza di eventuali cellule tumorali nel SNC
  • Esami radiologici, ecografie, RX o TAC per valutare l’eventuale presenza di linfonodi ingrossati o epatosplenomegalia conseguente a infiltrazione delle cellule patologiche

La malattia può manifestarsi in modo clinicamente evidente e acuto oppure in maniera subdola.

 

PROGNOSI

Il profilo di rischio del paziente viene calcolato sulla base di valori come l’età, il numero di globuli bianchi all’emocromo, la presenza di alcune mutazioni citogenetico/molecolari, il coinvolgimento di altri organi ed il tempo necessario per raggiungere la Remissione Completa (RC) della malattia.

 

TERAPIA

Il tipo di terapia dipende dalle caratteristiche di malattia e dal tipo di paziente. Essenzialmente ci sono 3 tipi di trattamenti che si possono usare: chemioterapia, terapia mirata, trapianto di cellule staminali.

Il trattamento di una LLA richiede tipicamente un trattamento suddiviso in più fasi: induzione, consolidamento e mantenimento. In geneale l’obiettivo della prima fase (induzione) è quello di eliminare le cellule leucemiche con un trattamento intensivo seguito poi da un trattamento di consolidamento al raggiungimento della remissione di malattia e uno finale di mantenimento per evitare la recidiva. Su questo schema di base si adottano diverse strategie terapeutiche che sono perlopiù dettate dall’età del paziente e dal profilo molecolare della malattia. E’ necessario anche eseguire una terapia specifica a livello meningeo tramite la somministrazione di rachicentesi terapeutiche ripetute. In alcune occasioni, in base alle caratteristiche della malattia e alla risposta alle chemioterapie, si propone il trapianto di cellule staminali come terapia di consolidamento.
Negli ultimi anni sono stati scoperti dei farmaci che mirano determinate caratteristiche specifiche delle cellule malate.
Gli inibitori delle tirosin chinasi (imatinib, dasatinib, nilotinib, ponatinib) che hanno come bersaglio le cellule Philadephia positive e, che utilizzati in associazione alla chemioterapia, permettono di ottenere risposte migliori nei pazienti che presentano l’alterazione genetica t(9;22).
Anche la creazione di anticorpi in grado di guidare il sistema immunitario contro le cellule leucemiche sta aumentando drasticamente le percentuali di salvataggio dei pazienti con malattia ricaduta
I capifila Sono due: blinatumomab e inotuzumab ozogamicin.
Il primo è un anticorpo monoclonale bispecifico costituito da 2 anticorpi che si lega contemporaneamente alle cellule T del sistema immunitario e alle cellule B maligne. Blinatumomab crea un ponte tra il CD3, recettore espresso sulla superficie delle cellule T e il CD19, recettore presente sulla superficie delle cellule leucemiche B-linfocitarie. Il legame stimola le cellule linfocitarie T, dotate di attività litica nei confronti di agenti estranei, a riconoscere le cellule maligne e distruggerle. Il farmaco viene somministrato in infusione continua per 24 ore, tipicamente in 2 o 3 cicli 4 settimane di infusione ciascuno, di cui solo i primi giorni di terapia in ospedale. La terapia è in genere molto efficace e più del 65% dei pazienti che hanno fallito i trattamenti tradizionali vanno in remissione completa della malattia.
Inotuzumab ozogamicin è un anticorpo monoclonale che lega un potente chemioterapico che “trasporta” fino al bersaglio costituito da una proteina, l’antigene CD22 situata sulla membrana delle cellule leucemiche. L’anticorpo, dopo il legame al bersaglio, viene internalizzato dalla cellula leucemica insieme al chemioterapico a esso legato. Il risultato finale è il trasporto del chemioterapico all’interno delle cellule leucemiche con la loro distruzione. Questo anticorpo è indicato in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B CD-22 positivi, recidivata o refrattaria e per la leucemia linfoblastica acuta, positiva per il cromosoma Ph+. Viene somministrato con un’infusione classica, circa 2 ore per volta, fino a raggiungere il massimo effetto. Anche per questo anticorpo monoclonale i risultati in termini di ottenimento di remissione completa sono estremamente buoni anche in pazienti che hanno dimostrato refrattarietà a tutte le terapie tradizionali.
Recentemente sono state approvate da AIFA come rimborsabili le CAR-T cioè i linfociti educati contro le cellule tumorali. Le cellule T vengono prelevate dal paziente e riprogrammate in laboratorio per creare cellule T geneticamente modificate e dotate di un recettore in grado di riconoscere e combattere le cellule tumorali.

 

In considerazione di questi recenti progressi, l’arruolamento in un trial clinico è una strategia terapeutica consigliata per questo tipo di tumore del sangue. Infatti l’utilizzo di questi nuovi farmaci è spesso limitato solo a pazienti arruolati in determinati studi clinici in quanto molti di queste medicine non sono ancora garantite dal nostro sistema sanitario nazionale.

Dottoressa Francesca Binda

Specialista Ematologa
UOC Ematologia, Ospedale di Legnano, ASST Ovest Milanese

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