LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA – LMA

La leucemia mieloide acuta è un tipo di tumore caratterizzato da crescita incontrollata delle cellule immature mieloidi, i blasti, da cui normalmente originano i globuli rossi, i granulociti (un  tipo di globuli bianchi) e le piastrine. La leucemia si definisce acuta perchè le cellule leucemiche sono immature e crescono rapidamente. La leucemia mieloide acuta nasce nel midollo osseo ma, nella maggior parte dei casi, le cellule leucemiche si diffondono rapidamente al sangue. Le cellule leucemiche possono talvolta invadere altre parti del corpo come il fegato, la milza e raramente il SNC.

 

INCIDENZA

La LMA ha un’incidenza stimata in circa 3-4 casi per 100.000 persone per anno ma, essendo una malattia tipica dell’età avanzata (età media 60 anni), può arrivare anche a circa 10 casi per 100.000 persone per anno nella popolazione al di sopra dei 65 anni (70% dei casi totali). La LMA si può presentare anche in età pediatrica, ma è decisiva la presenza di difetti genetici come, ad esempio, la sindrome di Down che aumenta il rischio di sviluppare la malattia di oltre 10 volte.

 

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO

La LMA è una malattia molto eterogenea, sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista del profilo biomolecolare.
La trasformazione tumorale dei blasti mieloidi è causata da alterazioni del DNA chiamate mutazioni.
Alcune forme di leucemia mieloide acuta vengono definite secondarie, perché derivano da malattie del sangue preesistenti (già caratterizzate da blasti mieloidi anormali e danneggiati) o si sviluppano in seguito a esposizione a sostanze chimiche (come il benzene), radiazioni (es. radioterapia) o farmaci chemioterapici.
Tuttavia, nella grande maggioranza dei casi, le cause della trasformazione tumorale sono sconosciute, e la malattia si definisce primaria.

 

SINTOMI E SEGNI

Questi sono i sintomi più comuni associati alla leucemia mieloide acuta:

  • perdita di peso, stanchezza, febbre, sudorazioni notturne, inappetenza.
  • mancanza di fiato, giramenti di testa, ipersensibilità al freddo, tachicardia
  • aumentato rischio di sanguinamenti (epistassi, sanguinamento gengivale)
  • aumentato rischio di infezioni

 

DIAGNOSI E CLASSIFICAZIONE

Il sospetto di leucemia mieloide acuta è indotto da alterazione delle conte degli elementi del sangue all’emocromo.

La diagnosi di leucemia mieloide acuta richiede:

  • Esami del sangue con emocromo con analisi dello striscio di sangue periferico che può evidenziare le cellule patologiche (blasti);
  • Esame del midollo osseo: presenza di blasti in percentuali > 20%, l’analisi del midollo integra diverse informazioni (morfologiche, immunofenotipiche, citogenetiche e molecolari) che ci aiutano a definire la tipologia di LMA e che hanno significato prognostico. Sulla base della presenza delle varie alterazioni genetiche e molecolari i pazienti vengono classificati in a basso, intermedio e alto rischio.

Due principali sistemi classificativi sono usati per la LMA:

  • French-American- British (FAB) system
  • World Health Organizaztion (WHO) system

La classificazione FAB prevede sette sottotipi di AML da M0 a M7, in base alle caratteristiche morfologiche delle cellule all’esame microscopico che corrispondono a un particolare stadio differenziativo e  maturativo della cellula mieloide.

Nella pratica clinica oggi la classificazione FAB è poco utilizzata mentre si predilige la classificazione  WHO che suddivide le leucemie mieloidi acute in base a caratteristiche citogenetiche/molecolari e cliniche (forme primarie o secondarie) che hanno un consolidato significato prognostico.

 

TERAPIA

La terapia standard della LMA è la chemioterapia eventualmente seguita da trapianto di cellule staminali emopoietiche (da valutare in base alla classe di rischio, alla risposta alla terapia, all’età e alle comorbidità del paziente). La terapia della LMA è divisa in due fasi: induzione (essenziale per portare la malattia in remissione) e consolidamento (o terapia post remissione, per “consolidare” la risposta ottenuta). L’obiettivo della terapia di induzione è eliminare le cellule leucemiche dal sangue e dal midollo ( si definisce remissione una conta di blasti nel midollo < 5% dopo la terapia di induzione). La terapia di induzione comprende generalmente 2-3 farmaci chemioterapici (citarabina, antracicline, eventualmente etoposide) che sono somministrati per 7-10 gg in regime di ricovero.
Nelle settimane dopo la somministrazione della chemioterapia di induzione le conte di globuli rossi, globuli bianchi, piastrine si riducono e il paziente è esposto a rischi infettivi e può aver bisogno di terapia di supporto trasfusionale (per tale motivo spesso il paziente rimane ricoverato in questa fase, chiamata di aplasia).
La terapia di induzione non elimina tutte le cellule leucemiche e senza ulteriore terapia la malattia recidiva in pochi mesi. Dopo la terapia di induzione persistono alcune cellule leucemiche “nascoste” che devono essere eliminate con la terapia di consolidamento. La terapia di consolidamento può prevedere ulteriori cicli di chemioterapia oppure il trapianto allogenico. Il trapianto allogenico riduce il rischio di recidiva ma è associato a maggior rischio di complicanze a breve e a lungo termine. La scelta dipende dal rischio di recidiva dello specifico tipo di leucemia acuta, dalle condizioni cliniche, dall’età e dalle comorbidità del paziente.

I pazienti anziani o non in grado di tollerare una terapia troppo tossica possono beneficiare maggiormente di terapie  più blande, talvolta con farmaci utilizzati nel trattamento delle sindromi mielodisplastiche (azacitidina, decitabina). La terapia per questi pazienti non è generalmente divisa in terapia di induzione e consolidamento ma viene somministrata a cicli mensili ed ha come obiettivo il controllo della malattia e il miglioramento della qualità di vita dei pazienti.

Inoltre lo scenario terapeutico della LMA negli ultimi 5 anni è cambiato considerevolmente. Sono stati approvati tipologie di farmaci “intelligenti”, cioè diretti verso uno specifico bersaglio molecolare mutato nella malattia. Questi farmaci sono:

  • Inibitori di FLT3: midostaurina e gilterinib, inibitori della mutazione, in associazione alla chemioterapia standard o in monoterapia migliorano l’efficacia della terapia nei pazienti che presentano tale mutazione sia all’esordio che alla recidiva di malattia. Ulteriori farmaci con meccanismo d’azione simile sono attualmente oggetto di trial clinici
  • Inibitori di IDH: enasidenib utilizzato nei pazienti con la specifica mutazione IDH2, in recidiva. In corso inoltre numerosi studi con questo farmaco in prima linea e anche per il farmaco ivosidenib per i pazienti con la mutazione IDH1 ,
  • Inibitori di bcl2, proteina anti apoptotica (proteina che blocca la morte cellulare): venetoclax utilizzato in associazione a terapie meno tossiche (azacitidina/decitabina) nei pazienti che non sono candidabili a chemioterapia standard
  • Anticorpi monoclonali, in particolare gentuzumab ozogamicin diretto contro le cellule che esprimono la molecola di superficie CD33, utilizzato in associazione a chemioterapia

La ricerca in questo campo è in continua evoluzione, e se disponibili, si consiglia anche l’arruolamento in studi clinici per permettere ai pazienti l’accesso a farmaci non ancora distribuiti dal Servizio Sanitario Nazionale.

Un capitolo a parte riguarda un tipo particolare di LMA, ovvero la leucemia acuta promielocitica, caratterizzata dal punto di vista citogenetico dalla traslocazione  t(15:17), determinando la formazione di un gene di fusione PML-RARalfa che blocca la normale maturazione delle cellule staminali mieloidi allo stadio di promielociti. Nella leucemia acuta promielocitica la terapia di induzione, consolidamento e mantenimento è differente e attualmente si applica una terapia basata sull’associazione  di acido trans retinoico e triossido di arsenico, queste due molecole agiscono sinergicamente per favorire la normale maturazione e differenziazione dei promielociti. Nel caso di pazienti ad alto rischio si utilizza un protocollo che prevede l’associazione di acido trans retinoico, chemioterapia e rachicentesi per ridurre il rischio di recidiva al sistema nervoso centrale.

Dottoressa Francesca Binda

Specialista Ematologa
UOC Ematologia, Ospedale di Legnano, ASST Ovest Milanese

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