LEUCEMIA LINFATICA CRONICA

La Leucemia Linfatica Cronica è una malattia dovuta ad una eccessiva produzione di linfociti, una categoria di globuli bianchi del sangue. Questo fa sì che il numero totale dei globuli bianchi, denominati anche leucociti, tenda ad aumentare nel sangue. Questa forma di leucemia è denominata “cronica” in quanto solitamente si manifesta con una certa lentezza e le cellule patologiche sono cellule mature del sangue. In molti casi l’aumento dei linfociti della LLC richiede anche anni. I linfociti possono accumularsi non solo nel sangue, ma anche nei linfonodi (ghiandole linfatiche), nella milza e nel midollo osseo dove origina la malattia. Quindi, per valutare quanto è estesa questa forma di leucemia va considerato non solo il numero dei linfociti nel sangue, ma anche la grandezza dei linfonodi, della milza e se vi è una ridotta produzione di globuli rossi e di piastrine per un effetto di ‘disturbo’ della LLC sulle fisiologiche attività del midollo osseo, la sede presso cui si formano/nascono le cellule del sangue.

Persone affette dalla stessa malattia, la LLC, possono avere andamenti clinici molto diversi. In alcuni casi, la LLC può essere di entità molto modesta e mostrarsi stabile nel tempo. In altri casi invece la malattia può crescere più rapidamente. La causa della LLC non è ben chiara, è noto che alcune alterazioni genetiche che determinano alterazioni dei meccanismi di proliferazione cellulare, siano coinvolti nella patogenesi di questa malattia. Venendo a mancare un controllo efficace sulla loro produzione e sopravvivenza, il numero dei linfociti tende a crescere.  L’entità della malattia e la velocità con cui cresce dipendono da quali e quanti meccanismi di regolazione sono compromessi. L’identificazione delle caratteristiche genetiche è utile nei pazienti che richiedono una cura anche per indirizzare la scelta dei farmaci da impiegare.

INCIDENZA

La LLC è la forma di leucemia più frequentemente osservata nei paesi occidentali dove rappresenta circa il 25-30% di tutte le leucemie dell’adulto, mentre è molto più rara nei paesi asiatici. Questa forma di leucemia interessa soprattutto i soggetti di sesso maschile e le persone meno giovani con una età di circa 70 anni o più alla diagnosi. Tuttavia, la LLC è anche osservata in soggetti più giovani, ma non esiste in età pediatrica. 

CAUSE

I linfociti sono cellule del sistema immunitario che pattugliano il corpo, andando in cerca di agenti infettivi (come virus e batteri) e di altri agenti potenzialmente pericolosi. Quando incontrano il loro bersaglio, i linfociti si attivano e cominciano a moltiplicarsi, in modo da creare un numero di cellule sufficiente ad affrontare l’emergenza. Una volta debellata la minaccia, la maggior parte dei linfociti attivati, ormai inutili, muoiono.
Nella leucemia linfatica cronica uno dei linfociti attivati continua a moltiplicarsi anche quando non è più necessario, dando vita a un numero sempre maggiore di cellule, che costituiscono la leucemia.

Nella maggior parte dei casi, le cellule della leucemia linfatica cronica presentano delle alterazioni a carico del materiale genetico (DNA). Queste alterazioni colpiscono spesso geni importanti per il controllo della crescita dei linfociti, e contribuiscono alla loro trasformazione in cellule leucemiche. Tuttavia, si pensa che anche altri fattori, come la stimolazione del sistema immunitario da parte di agenti estranei, siano coinvolti nello sviluppo della malattia.
I fattori genetici possono predisporre allo sviluppo della malattia: circa il 10% dei pazienti hanno dei familiari affetti da leucemia linfatica cronica o da altre malattie del sistema linfatico. Invece i fattori ambientali come le radiazioni e le sostanze chimiche sembrano essere meno importanti, in quanto non aumentano il rischio di sviluppare la malattia.

CLASSIFICAZIONE

I linfociti presenti nel nostro corpo sono di due tipi diversi: B e T. Nella grande maggioranza dei casi (il 95%), a dare origine alla malattia è un linfocito B. Le leucemie linfatiche croniche di tipo B possono essere classificate in base alle caratteristiche molecolari delle cellule leucemiche (es. alterazioni dei cromosomi, mutazioni a carico di alcuni geni o espressione di alcune proteine). Alcune di queste caratteristiche molecolari sono associate a una malattia più aggressiva, o più resistente ai farmaci. Per questo la classificazione molecolare può aiutare a prevedere l’andamento clinico dei pazienti e a individuare il trattamento più opportuno.

Le alterazioni più frequenti nelle cellule tumorali dei pazienti affetti di leucemia linfatica cronica sono:
– perdita di una porzione del cromosoma 13 (del13q14), presente in circa il 55% dei pazienti e associata, in assenza di altre anomalie cromosomiche, a un decorso della malattia favorevole;
– perdita di una porzione del cromosoma 11 (del11q23);
– acquisizione di una terza copia del cromosoma 12 (trisomia 12);
– perdita di una porzione del cromosoma 17 (del17p13), associata allo sviluppo di resistenza al trattamento, e quindi a un decorso clinico sfavorevole;
– mutazioni nel gene TP53, che hanno effetti simili a quelli della perdita del cromosoma 17.

SINTOMI E SEGNI

La maggior parte delle persone con LLC non ha alcun sintomo e si accorge di questa malattia solo nel corso di analisi di controllo che rivelano un aumento dei globuli bianchi. La malattia viene quindi spesso diagnosticata in modo del tutto casuale, in persone che stanno bene e che hanno eseguito delle analisi del sangue per altri motivi. Nelle persone che hanno sviluppato una malattia più attiva, la LLC può manifestarsi con un aumento della grandezza dei linfonodi, che diventano palpabili, talvolta in più sedi (collo, ascelle, inguine, ecc.). I linfonodi aumentati di volume in sedi “profonde”, come quelli del torace e dell’addome, sono identificabili solo con esami ecografici e radiografici. Molto raramente, possono esservi alcuni sintomi come il dimagramento  e la sudorazione notturna che si osservano solitamente in altre malattie come i linfomi. In alcuni casi, la LLC viene diagnosticata in persone che hanno una infezione.

Figura 1. Sintomi della malattia LLC

 

DIAGNOSI ED ESAMI

Il primo esame da fare per identificare una leucemia linfatica cronica è l’emocromo, che permette di misurare la quantità dei diversi tipi di cellule presenti nel sangue: in caso di leucemia linfatica cronica, il numero dei linfociti risulta aumentato e il rapporto tra le varie popolazioni di globuli bianchi è anormale (inversione della formula leucocitaria).

Figura 2. Striscio di sangue periferico

 

Tuttavia, la quantità di linfociti nel sangue può aumentare anche a causa di altre malattie (come le infezioni virali). Per escludere questa possibilità, si effettua un’analisi immunofenotipica, che permette di esaminare le caratteristiche di superficie dei linfociti e di riconoscere quali di questi sono leucemici.
L’analisi immunofenotipica consente anche di misurare con grande precisione il numero di cellule leucemiche: infatti per poter diagnosticare una leucemia linfatica cronica, il sangue del paziente deve contenere almeno 5 milioni di linfociti per millilitro (o 5.000/µL), per almeno tre mesi di seguito (in caso di infezioni, invece, l’aumento dei linfociti è di minore durata). Nel caso in cui si riscontrino linfociti monoclonali < 5.000/ µL, si pone diagnosi di linfocitosi B-monoclonale (MBL), una condizione che può predisporre allo sviluppo della malattia. Una volta stabilita la diagnosi è necessario definire lo stadio clinico (vedere sezione DECORSO DELLA MALATTIA), che si associa ad un diverso andamento clinico e determina la necessità o meno di iniziare un trattamento.

In alcuni casi è necessario anche effettuare esami radiologici, ecografie, analisi del midollo osseo (che viene prelevato in anestesia locale dalle ossa del bacino) o biopsie (cioè prelievi di tessuto) dei linfonodi.

DECORSO DELLA MALATTIA

Il decorso della LLC è molto variabile da persona a persona. Alcuni hanno una malattia molto stabile che non richiede alcun trattamento o lo richiede solo dopo anni. Mentre in alcuni casi le cure vanno iniziate sin dalla diagnosi. 

I criteri di trattamento sono:

1. Progressiva citopenia (anemia e/o piastrinopenia) da infiltrazione midollare di malattia 

2. Splenomegalia massiva (almeno 6 cm dal margine costale) o progressiva o sintomatica

3. Massive linfoadenopatie (almeno 10 cm di diametro massimo) o adenopatie progressive o sintomatiche

4. Linfocitosi progressiva con un incremento dei linfociti > 50% in due mesi o un raddoppiamento dei linfociti (LTD) in un tempo inferiore ai 6 mesi in pazienti con una conta linfocitaria iniziale > 30.000/μl.

5. Anemia o piastrinopenia autoimmune non responsive al trattamento steroideo o ad altre

terapie standard

6. Coinvolgimento extranodale sintomatico o funzionale (cute, rene, polmone, colonna)

7. Sintomi sistemici definiti dalla presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

▪ calo ponderale ≥10% nei 6 mesi precedenti;

▪ ECOG PS >2;

▪ febbre per più di 2 settimane senza evidenza di infezione

▪ sudorazioni notturne per più di un mese senza evidenza di infezioni.

TERAPIA

La terapia più utilizzata nella leucemia linfatica cronica consiste nella combinazione di due diversi trattamenti: la chemioterapia e la terapia con anticorpi monoclonali (chemioimmunoterapia).

I CHEMIOTERAPICI

I chemioterapici sono medicine che bloccano la riproduzione delle cellule malate. Questi farmaci possono essere somministrati per via orale (clorambucile, ciclofosfamide, fludarabina) o endovenosa (ciclofosfamide, fludarabina, bendamustina) e sono oggi solitamente impiegati in associazione con gli anticorpi monoclonali. L’approccio terapeutico si basa sull’età del paziente e sulle sue condizioni generali di salute (es. presenza di altre malattie). Infatti, una terapia tollerata da un paziente giovane potrebbe comportare effetti collaterali inaccettabili in un paziente anziano e/o affetto da altre malattie.
La scelta della terapia più adeguata si basa anche sulle caratteristiche cliniche e biologiche che influenzano l’evoluzione della malattia; tra queste, le più importanti sono la perdita di una parte del cromosoma 17 e la presenza di mutazioni nel gene TP53, che favoriscono la resistenza alla chemioterapia.

ANTICORPI MONOCLONALI

Gli anticorpi monoclonali sono proteine anticorpali che riconoscono e “lisano” i linfociti della LLC. Quelli più largamente impiegati nella LLC sono il rituximab, l’ofatumumab e l’obinutuzumab (diretti verso l’antigene CD20). Le prime somministrazioni degli anticorpi monoclonali possono essere seguite da reazioni “allergiche” che solitamente si attenuano o scompaiono con le somministrazioni successive. Per prevenire le reazioni infusionali agli anticorpi monoclonali vengono somministrati alcuni farmaci (“premedicazione”: cortisonici, anti-istaminici e paracetamolo).

LA CHEMIOIMMUNOTERAPIA

Risultati terapeutici migliori sono ottenuti quando i farmaci chemioterapici sono sommministrati in associazione con anticorpi monoclonali. Questo tipo di terapia – detta chemioimmunoterapia – è quella frequentemente considerata come primo approccio terapeutico. Vi sono diverse combinazioni chemioimmunoterapiche. Quelle più frequentemente impiegate sono denominate FCR (fludarabina, ciclofosfamide e rituximab), BR (bendamustine e rituximab) e clorambucile (leukeran) associato ad un anticorpo monoclonale (rituximab, ofatumumab, obinutuzumab). L’età e le condizioni generali della persona affetta da LLC orientano la scelta per il tipo di chemioterapia più adatto da somministrare in associazione ad un anticorpo monoclonale.

Le cure possono avere effetti collaterali di diverso tipo in rapporto ai diversi programmi terapeutici. Tuttavia, alcuni effetti collaterali sono comuni a farmaci di diverso tipo. 

Tra questi, la riduzione delle cellule del sangue e le infezioni.

Per quanto riguarda l’alimentazione, nel periodo di terapia, conviene evitare gli alimenti che più facilmente possono essere soggetti a contaminazione batterica (carni e pesce crudo, formaggi freschi artigianali, frutta e vegetali non adeguatamente puliti, cibi non ben conservati). Durante le prime fasi del trattamento può esservi una rapida distruzione delle cellule malate ed è importante bere molto per “aiutare” i reni nella loro attività

I FARMACI “BIOLOGICI”

Recentemente, sono stati introdotti tra le cure della LLC alcuni farmaci “biologici”, orali: ibrutinib, idelalisib, venetoclax. Si tratta di agenti che interferiscono sui meccanismi responsabili della crescita e sopravvivenza delle cellule leucemiche. Con l’introduzione di questi nuovi agenti la cura sta diventando sempre più diretta in modo specifico verso le cellule di questa leucemia, in altre parole, più “biologica”. Questi agenti possono essere efficaci dando risposte molto durature anche in forme di LLC che progrediscono dopo o in corso di chemioimmunoterapia o che hanno caratteristiche biologiche che non rendono appropriato un trattamento chemioimmunoterapico.

IL TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE STAMINALI

Attualmente, l’unico approccio terapeutico potenzialmente in grado realmente di eradicare e quindi “guarire” la LLC è il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche. La fattibilità di questo approccio terapeutico è limitata da diversi fattori. Innanzitutto, la LLC è una forma di leucemia che interessa le persone meno giovani che hanno un’età non adeguata a tollerare i trattamenti che sono impiegati nella procedura trapiantologica. Inoltre, su questa procedura gravano ancora complicazioni che possono essere più pronunciate nel soggetto anziano.

Infine, deve esservi la disponibilità di un donatore compatibile. Per questi motivi, il trapianto allogenico di cellule staminali viene oggi limitato ai pazienti più giovani che hanno opzioni terapeutiche a lungo termine limitate e caratteristiche di malattia molto sfavorevoli.

LE COMPLICAZIONI IN CORSO DI LLC

LE INFEZIONI

I pazienti con LLC, soprattutto se hanno già eseguito molti trattamenti, possono presentare difese immunitarie meno efficaci. La maggiore vulnerabilità alle infezioni può essere più accentuata se si associa anche alla riduzione dei granulociti e degli anticorpi indotta dalle cure. Tra le infezioni più frequenti vanno ricordate quelle polmonari, le infezioni virali erpetiche, la varicella, l’herpes varicella-zoster (fuoco di S. Antonio). La vaccinazione contro lo pneumococco, il germe frequentemente in causa nelle polmoniti, e quella stagionale anti-influenzale possono essere utili nel ridurre il rischio infettivo. La vaccinazione antinfluenzale con virus inattivati e il vaccino antiCovid a mRNA sono consigliati a tutti i pazienti e ai loro familiari. In corso di terapia la risposta immunitaria è inefficace, quindi il vaccino può non proteggere dall’infezione.

ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE

La minore competenza immunitaria può condizionare, specie in pazienti con malattia più avanzata, la comparsa di disordini autoimmuni, in particolare, la comparsa di un’anemia associata a ittero (colore giallastro della cute) dovuta alla presenza di anticorpi patologici diretti contro i propri globuli rossi.

ALTRI TUMORI

Le persone che hanno una LLC possono avere difese immunitarie che li rendono un po’ più fragili anche per lo sviluppo di altri tumori. E’ importante quindi evitare fattori di rischio aggiuntivi quali il fumo. Tutti gli esami necessari per una adeguata prevenzione devono essere eseguiti periodicamente (visite ginecologiche, Pap test, ecografia mammaria, mammografia, PSA, visita urologica, sangue occulto fecale, ecc).

LA SINDROME DI RICHTER

La sindrome di Richter è una complicazione rara che interessa persone con malattia solitamente avanzata e sottoposta a molteplici trattamenti. Questa condizione è dovuta all’emergenza di una malattia più grave. Si viene a sviluppare un linfoma, nella maggior parte dei casi dai linfociti stessi della LLC, che acquisiscono caratteristiche di maggiore aggressività. La sindrome di Richter richiede un trattamento diverso da quello della LLC. E’ quindi importante che la sindrome di Richter sia riconosciuta e trattata appropriatamente. Qualora vi è il sospetto della comparsa di una sindrome di Richter sono richieste indagini radiologiche (TAC PET) e la biopsia di un linfonodo e del midollo osseo.

VIVERE CON UNA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA

Nella maggior parte dei casi, la diagnosi di leucemia linfatica cronica non ha conseguenze immediate sulla vita del paziente. Se la malattia è stabile e asintomatica, infatti, il paziente deve presentarsi in ospedale solo per visite di controllo semestrali o annuali, durante le quali si sottopone a un esame medico e alle analisi di routine.

La malattia può mantenersi stabile anche per anni; solo in caso di progressione si procede con il trattamento. Visto che le terapie attuali non permettono una guarigione, la ricaduta dopo il trattamento è attesa; tuttavia, in molti pazienti è possibile mantenere la malattia sotto controllo per molti anni.

Dottoressa Annalisa Citro

Specialista Ematologa

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