Antonino è un ex carabiniere di Reggio Calabria, ormai in pensione. Alessandra è un’insegnante di scuola primaria, anche lei originaria di Reggio, ormai alle soglie della pensione.
Quarant’anni fa si sono trasferiti a Tirano, al confine con la Svizzera, per il lavoro di Antonino. All’inizio un trauma, poi si sono goduti la piacevolezza di un paese di montagna tranquillo, dove Antonino ha corso meno pericoli (anche se, come afferma giustamente, nei paesi si abbassa un po’ la guardia perché ci sono meno problemi rispetto a una grande città), pur trovandosi almeno un paio di volte in situazioni molto difficili e salvando la vita a un suo superiore. È persino partito volontario per il Kosovo nel 2008, sbrigando compiti di ordine pubblico, un momento importante per la sua carriera.
Entrambi hanno 5 fratelli e sorelle che però sono rimasti tutti a Reggio Calabria.
Anche i figli non vivono a Tirano, la figlia a Luino in provincia di Varese, il figlio ad Hong Kong, entrambi lavorano nel settore della moda, Antonino e Alessandra sono molto fieri di loro.
Sono entrati in Casa AIL Vimodrone il 16 marzo, tra i primi a essere ospitati.
Antonino, al quale era stata diagnosticata una leucemia nel 2007, tenuta però sotto controllo, a maggio 2024 ha cominciato ad avere sintomi “strani”.
“Tutto è partito con un ronzio all’orecchio” dice Alessandra “poi gli faceva male la testa tutti i giorni, poi gli occhi che continuavano ad arrossarsi e a lacrimare, ha cominciato a prendere il cortisone, ha preso di tutto.
Pensavano che fosse una cosa virale, abbiamo fatto tutti i tipi di esami, perfino un’angiografia cerebrale, per controllare le vene e le arterie della testa. Niente di niente.
Alla fine, a Sondrio ci hanno consigliato di andare a Milano da una oculista del San Raffaele. Era dicembre, anche lì la dottoressa ha consigliato di eseguire un’angiografia retinica per controllare i vasi sanguigni della retina, che abbiamo prenotato per metà gennaio del 2025 nello stesso ospedale (prima non c’era posto). Dopo questo esame la dottoressa ha richiesto una serie di test del sangue che ha eseguito tra gennaio e febbraio, nel frattempo Antonino però stava male, malissimo.
“Quando siamo tornati al San Raffaele, la seconda volta, era febbraio 2025, la dottoressa di Milano mi ha fatto ricoverare con urgenza, avevo mal di testa, occhi rossi, sudorazioni fortissime durante la notte, dolori da tutte le parti. Nell’ultimo periodo avevo sempre la febbre, poi ho perso il 90% dell’udito dall’orecchio sinistro, adesso infatti ho l’apparecchietto per sentirci. La dottoressa aveva una buona conoscenza delle malattie rare: dai sintomi che avevo sembrava la Sindrome di Cogan atipica, una malattia autoimmune rarissima, con circa 300 casi al mondo, e quindi se ne sapeva molto poco.
Alessandra ricorda ancora con grande preoccupazione quei momenti.
Eravamo andati a Milano per una visita, così, senza niente: a quel punto abbiamo dovuto comprare tutto. Per fortuna era venuta anche mia figlia… Mi ricordo che mio marito camminava ondeggiando, andava verso destra, sbandava… È rimasto 10 giorni in ospedale, gli hanno fatto mille esami e dalle risonanze è venuto fuori che aveva la vasculite, un’infiammazione dei vasi sanguigni anche a livello della aorta. Ci è mancato poco che morisse: se si fosse occlusa, avrebbe potuto avere un infarto.
Essere in ospedale è stata la sua salvezza: aveva tutto il corpo infiammato, gli hanno fatto una terapia di cortisone a grandi dosi; in seguito, dagli esami effettuati gli è stato diagnosticato un linfoma della zona marginale che aveva colpito il sistema nervoso centrale.
Antonino ha due terapie in atto, una sistemica e una che riceve da un piccolo catetere impiantato nella superficie del cuoio capelluto. Anche stavolta è Alessandra a raccontare, perché Antonino, come ammette lui stesso, è uno di poche parole.
L’hanno operato qui al San Raffaele in Neurologia, gli hanno messo questo apparecchio che è collegato all’encefalo, al liquido cerebrale, perché il suo problema è principalmente nella testa. Mio marito non sopporta per niente il dolore. Sicuramente è stato malissimo, io l’ho visto quando stava male. Quando gli fanno la chemio in testa, dopo 10 minuti gli vengono i conati di vomito, quando gli fanno la sistemica, invece, non ha mai avuto niente.
La situazione ora è nettamente migliorata, Antonino dopo tre cicli sta in piedi, ragiona, non ha più febbre, prende ancora un pochino di cortisone, ma poco, lo stanno diminuendo gradualmente.
Dobbiamo finire, come da protocollo, sei cicli di chemio: ne deve fare tre della sistemica e quattro di quella in testa. Vogliono essere sicuri che non ci sia più niente: dicono che se con tre cicli ha avuto questo miglioramento vuol dire che la cura è efficace.
Antonino ha sofferto e si è anche molto spaventato, come dice Alessandra. Anche lei ha fatto fatica, soprattutto i primi tempi. Avere accanto un marito forte, solido, che pensa a tutto e poi vederlo fragile, sofferente, l’ha mandata in confusione. Per questo da Hong Kong è arrivato loro figlio, che è andato a parlare con i medici, che guidava la macchina per andare in ospedale, che si è fatto carico di sorreggere Alessandra che, a sua volta, sorreggeva Antonino.
Io non pensavo di avere una forza del genere, non ho mai fatto niente perché era sempre lui a fare tutto a casa. Io sto con lui in ospedale mentre fa le chemio, circa sei /sette ore, ed è molto pesante anche per me…le infermiere del reparto mi hanno detto “Lei ha una pazienza infinita”.
Antonino si preoccupa di aver perso un po’ la memoria, per quello la vuole al suo fianco durante le terapie.
Purtroppo, io mi dimentico quello che faccio. Ad esempio, prendo una cosa la metto lì e poi non mi ricordo dove l’ho messa….
È anche una persona molto sensibile, non si sente indifferente alle sofferenze altrui.
Quando vado a fare le cure vedo tanta gente e mi ritengo molto, molto fortunato, perché al San Raffaele c’è veramente gente molto più giovane di me, uomini, donne, ragazzi…
Quando vedo queste situazioni mi dico che sono fortunato. Anche quando andavo a Sondrio a fare i controlli in Ematologia ci pensavo, anche lì vedevi ragazzi, bambini, giovani… Tu hai una certa età ti devi ritenere fortunato, anche se è difficile accettare la situazione.
Quando parlano di Casa AIL di Vimodrone sorridono, finalmente.
Siamo stati molto, molto fortunati, dice Antonino. Io ho sempre collaborato con AIL come socio dell’Associazione dei carabinieri in pensione. Quando ci hanno dato la possibilità di venire qui, grazie a una signora di AIL Sondrio, abbiamo pensato che eravamo stati molto fortunati. È stato un fulmine a ciel sereno, nel senso positivo, altrimenti saremmo stati in alto mare.
Qui si sentono al sicuro, è una specie di rifugio, per entrambi.
Mi trovo bene, passiamo quasi tutto il tempo in casa, non conosciamo nessuno… Stiamo a casa, in ospedale, diciamo che non faccio, non facciamo, molta vita sociale…Ammette Alessandra.
Però è un’ottima cuoca, come dice Antonino, anche se lui deve fare attenzione a ciò che mangia, evitare i cibi crudi, lavare molto bene verdura e frutta, non bere vino. Ha nostalgia dei pizzoccheri, piatto tipico della Valtellina, la loro zona: Alessandra ha anche un segreto perché diventino veramente speciali.
Ci vuole il burro di montagna, ci vuole l’acqua della Valtellina… Ci sono tanti milanesi che si portano via pure il bidone dell’acqua per preparare i pizzoccheri a casa!


