Sfruttare il sistema di difesa naturale per combattere le cellule malate. È l’ultima frontiera della lotta ai tumori che si avvale di diverse strategie.

La lotta ai tumori si combatte storicamente con tre armi: chirurgia, chemioterapia e radioterapia. Sono le cosiddette terapie standard, quelle convenzionali, ma non sempre funzionano: ci sono neoplasie che si dimostrano resistenti o che, dopo essere scomparse, ritornano. Da un po’ di anni a questa parte, però, i clinici dispongono di un’arma in più: l’immunoterapia. Più che di un’arma, in realtà, sarebbe più corretto parlare di un arsenale, dal momento che l’immunoterapia si serve di diverse strategie per potenziare il sistema immunitario del paziente e sconfiggere il cancro.

Il sistema immunitario rappresenta le difese del corpo nei confronti di qualsiasi minaccia al suo corretto funzionamento, e quindi alla sopravvivenza. Si occupa di eliminare le cellule vecchie e danneggiate, di combattere le infezioni di parassiti, batteri e virus, e anche di sbarazzarsi delle cellule tumorali. E proprio dall’avanzare delle conoscenze sulle tattiche difensive messe in campo dal nostro stesso corpo nasce l’immunoterapia, un approccio che sfrutta le potenzialità del sistema immunitario e le amplifica per combattere il cancro senza colpire le cellule sane – caratteristica che la rende un approccio efficace e con meno effetti collaterali dei trattamenti convenzionali. Come accennato, esistono diverse strategie immunoterapiche.

• GLI ANTICORPI MONOCLONALI
Gli anticorpi monoclonali negli ultimi anni hanno spesso offerto nuove speranze anche in casi in cui le prospettive erano tutt’altro che rosee. Questa strategia immunoterapica si basa sull’ingegnerizzazione degli anticorpi, proteine prodotte dall’organismo in grado di legarsi selettivamente a molecole (dette antigeni) espresse sulla superficie di patogeni o cellule da eliminare. Messi a punto in laboratorio, gli anticorpi monoclonali sono in grado di riconoscere e legare in modo specifico le cellule del tumore: a seconda dei casi, l’anticorpo può marcare le cellule tumorali rendendole facilmente riconoscibili e esponendole all’azione delle cellule immunitarie, oppure è esso stesso l’arma in grado di distruggere le cellule cancerose impedendo loro di crescere o inducendone la morte. A volte, infatti, è utilizzato per trasportare dei farmaci fin dentro il tumore o è abbinato a particelle radioattive.

• GLI INIBITORI DEI CHECKPOINT
Un’altra strategia immunoterapica è l’utilizzo dei cosiddetti inibitori del checkpoint, cioè molecole che rimuovono i freni alle cellule del sistema immunitario, permettendone l’attivazione completa. Alcune cellule immunitarie come i linfociti T, infatti, devono essere attivate per poter agire contro ciò che minaccia l’organismo: tali meccanismi intrinseci del sistema immunitario sono chiamati checkpoint (“posti di blocco”) e servono per mantenere il controllo, evitando risposte incontrollate o troppo violente. Le cellule tumorali, però, sono in grado di sfruttare a proprio vantaggio i freni del sistema immunitario impedendone così l’attivazione e prosperando. È il caso dell’interazione tra le molecole PD-1 sui linfociti T e PDL-1 sulle cellule tumorali: quando PDL-1 lega PD-1 l’attivazione dei linfociti T è bloccata. Il piano d’intervento in questi casi è somministrare molecole, gli inibitori del checkpoint appunto, che eliminino il blocco e permettano l’attivazione dei linfociti T, e la conseguente distruzione delle cellule tumorali.

• I VACCINI
Anche i vaccini contro i tumori sono un approccio immunoterapico. Esistono vaccini che prevengono il tumore – come quello anti-Hpv che ha lo scopo di impedire l’infezione virale che può causare il cancro alla cervice uterina – e vaccini terapeutici che aiutano a combattere un cancro già in essere. Nel secondo caso l’idea è di stimolare il sistema immunitario ad attaccare il tumore infondendo nel paziente cellule trattate, antigeni tumorali o virus attenuati in grado di indurre la risposta immunitaria.

• LE TERAPIE CON CELLULE T ADATTATE
Un ulteriore promettente approccio immunoterapico è costituito dalle terapie con cellule T adattate, cioè trattamenti che utilizzano una delle armi più potenti in possesso del sistema immunitario per contrastare le minacce: i linfociti T. Queste cellule vengono prelevate direttamente dal paziente (in gergo tecnico si parla di cellule autologhe) per essere espanse, cioè moltiplicate, in laboratorio.
Un esempio sono i cosiddetti linfociti infiltranti il tumore (TIL), che sono cellule immunitarie del paziente che già riconoscono lo specifico tumore, ma non sono state in grado di sconfiggerlo. In questi casi i medici isolano i TIL da campioni di tessuto tumorale prelevati chirurgicamente e li fanno espandere in laboratorio per poi reinfonderli nel paziente.

Dopo il prelievo, i linfociti T del paziente possono anche essere modificati in laboratorio prima di essere espansi e somministrarli di nuovo al legittimo proprietario. Diventano così delle cellule T ingegnerizzate, e ne esistono di due tipi principali: le cellule con i recettori T ingegnerizzati (TCR) e quelle dotate di recettore chimerico dell’antigene (CAR-T).

I TCR sono cellule in cui il recettore, cioè la naturale proteina che consente ai linfociti T di riconoscere il proprio obiettivo e eliminare la minaccia, è stato potenziato per renderlo più efficiente. I CAR-T, invece, vengono dotati di un recettore sintetico, una molecola che non esiste in natura ma è progettata in laboratorio per essere altamente specifica ed efficiente. È un recettore chimerico perché costruito con porzioni proteiche di origine diversa e fuse insieme: una parte del recettore delle cellule T (l’attivatore) viene combinata con un anticorpo.

I diversi approcci con cellule T adattate sono l’ultima frontiera dell’immunoterapia e oggi stanno dando risultati davvero promettenti, in particolare in pazienti affetti da leucemie e linfomi, ma ci sono sperimentazioni anche per altri tipi di tumori ematologici e anche, sebbene in fase più precoce, per tumori solidi maligni come il melanoma, i tumori al seno e all’ovaio, al rene e al polmone.

Fonte: Repubblica.it

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