L’esperienza di malattia oncoematologica è complessa e portatrice di vulnerabilità o, come spesso viene descritta dai pazienti, di “debolezza”. Eppure, la debolezza è parte attiva di una vita che sente, che vive, che è presente e coinvolta. Ascoltarla può diventare un atto di profonda attenzione e cura verso sé stessi.
Negli ultimi anni, chi lavora nel campo della psiconcologia ha osservato un cambiamento importante: la domanda dei pazienti è diversa da quella di vent’anni fa. Se in passato alla parola cancro veniva immediatamente associata l’idea di morte, oggi -anche grazie ai progressi della ricerca e all’avvio di un processo di cronicizzazione- la malattia assume significati diversi. E così cambiano anche le domande psicologiche dei pazienti e di conseguenza il tipo di intervento richiesto.
Nell’Ambulatorio di AIL Milano abbiamo notato una crescente richiesta, spesso non espressa direttamente, di andare oltre il semplice “contenimento” emotivo. I pazienti vogliono comprendere più a fondo l’impatto della malattia sulla propria identità, sui ruoli sociali e professionali, sul modo in cui si sentono in relazione con gli altri e con sé stessi. Questo ci porta a interrogarci: possiamo offrire, accanto al sostegno, anche percorsi di psicoterapia in ambito oncoematologico?
Qual è, concretamente, la differenza? Il sostegno psicologico ha l’obiettivo di aiutare il paziente ad affrontare un momento specifico del presente: l’inizio di una terapia, la comunicazione di una recidiva, l’ansia per un esame imminente. Lavoriamo per individuare insieme le risorse personali e i modi per affrontare l’emergenza emotiva.
La psicoterapia, invece, è un percorso più profondo e strutturato. Serve a prendersi cura di aspetti della propria storia e del proprio mondo interno che, per diversi motivi, si sono incrinati o stanno ostacolando il cammino. In questo spazio, il paziente può dare un senso alla malattia, rielaborare vissuti antichi riattivati dalla diagnosi, oppure confrontarsi con un’immagine di sé che la malattia ha messo in crisi. Anche la malattia cambia: non è più solo un evento acuto da “superare”, ma un’esperienza che irrompe nell’esistenza e che può accompagnare il paziente per anni. E con essa cambia anche il modo di viverla.
In molti casi, la malattia costringe a fermarsi, a guardarsi dentro e può mettere in luce fragilità che prima restavano nell’ombra. A volte, ci si accorge che “non ci siamo poi così simpatici”, come dicono alcuni pazienti con ironia e lucidità. Accettare la malattia, allora, significa anche iniziare un percorso di conoscenza e accettazione di sé. In ambito oncoematologico, data la complessità e la durata dei percorsi di cura, ci sono momenti in cui il sostegno psicologico è fondamentale, ad esempio, nelle fasi acute della terapia, e altri in cui può emergere il bisogno di un lavoro più profondo. Capita, per esempio, nei periodi di follow-up, quando “va tutto bene” dal punto di vista clinico ma il paziente si sente improvvisamente vuoto o disorientato.
Oppure, quando la remissione riapre domande profonde sulla propria vita, sulle relazioni, sul futuro. Ma è davvero possibile fare psicoterapia in un contesto così particolare? La risposta è sì, anche se con alcune attenzioni. La psicoterapia richiede tempo, continuità, uno spazio dedicato: caratteristiche che non sempre coincidono con i tempi della sanità o con il ritmo delle terapie. Tuttavia, ripensando alcuni aspetti del setting, è possibile proporre percorsi terapeutici anche in questi contesti. Ciò che conta è riconoscere che non esiste una cura completa se non si prende in carico anche la dimensione psicologica. Per molti pazienti -e, spesso, anche per i loro familiari- poter parlare in modo profondo e sicuro della propria esperienza di malattia è già, di per sé, un atto terapeutico. Poter contare su uno spazio in cui esplorare le proprie emozioni, dare un nome ai pensieri e sentirsi accolti rappresenta una parte fondamentale del percorso di cura. Che si tratti di un supporto psicologico nel qui e ora o di un percorso di psicoterapia più profondo, l’importante è sapere che non si è soli. Gli psicologi di AIL Milano Monza Brianza sono presenti per accogliere, ascoltare e accompagnare ogni persona, passo dopo passo, nella direzione più adatta a sé.

Dott.ssa Eleonora Criscuolo
Psicologa e Psicoterapeuta AIL Milano Monza Brianza.


