Milano, 28 agosto 2018 – Passi avanti nella lotta contro il mieloma multiplo e in particolare nei confronti della forma asintomatica. In alcuni casi infatti questo importante tumore delle cellule del sangue, il secondo per frequenza, è preceduto da una fase in cui la malattia è presente ma non causa danni all’organismo. I pazienti sono sottoposti a controlli periodici per monitorarne l’andamento, ma questi spesso non riescono a prevedere con accuratezza l’evoluzione.

L’obiettivo è di avere nel futuro test di laboratorio in grado di migliorare la nostra capacità di capire l’andamento delle forme asintomatiche. Un’ipotesi, questa, che è stata sviluppata nel concreto da uno studio internazionale pubblicato sulla rivista “Nature Communications”, coordinato dal professor Niccolò Bolli, ematologo del Dipartimento di Oncologia medica ed Ematologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano diretto dal professor Corrradini e dell’Università degli Studi Milano, insieme al dottor Francesco Maura, medico ematologo dell’Università degli Studi di Milano. «Il nostro punto di partenza è stata l’analisi del genoma di pazienti con mieloma asintomatico», spiega il professor Bolli.

«Abbiamo quindi seguito la progressione della malattia nella sua forma sintomatica: confrontando i risultati delle analisi nelle diverse fasi del mieloma, da asintomatico a sintomatico, abbiamo evidenziato come, anche nelle forme asintomatiche, il tumore abbia già tutte le caratteristiche genetiche delle forme sintomatiche. Di notevole importanza è stata quindi l’analisi dei campioni di plasmacellule, cioè delle cellule del sistema immunitario trasformate dal tumore, dello stesso paziente al momento dell’evoluzione. Questa analisi ha infatti consentito di identificare i cambiamenti alla base della variazione del comportamento del tumore». I ricercatori sono riusciti a mettere in relazione la velocità di cambiamento con alcune caratteristiche intrinseche delle cellule tumorali. «Certo, ora questa ipotesi va sviluppata con ulteriori ricerche che potrebbero portare allo sviluppo di test genetici in grado di predire il destino di queste forme asintomatiche con grande accuratezza», sottolinea il professor Bolli. «Non è poco. Ci permetterebbe di migliorare la prognosi di questi pazienti attraverso interventi personalizzati, messi a punto in base alle caratteristiche individuali della malattia ».

A questo proposito, è in fase di definizione una collaborazione tra l’Istituto Nazionale dei Tumori e l’Ospedale Maggiore Policlinico per approfondire questa linea di ricerca anche con metodiche di monitoraggio meno invasive come un prelievo di sangue. Inoltre, la stessa metodologia sarà applicabile allo studio di altri tumori, anche solidi, in cui sia riconoscibile una fase asintomatica.

Lo studio pubblicato su Nature Communications è frutto di una collaborazione internazionale coordinata dal Professor Bolli: sponsor del progetto è stata l’Università di Harvard, i campioni sono stati forniti dall’ ”Intergoup Francophone du Myelome”, mentre parte dell’analisi è stata condotta in collaborazione con il Wellcome Trust Sanger Institute di Cambridge.

Da citare infine le Associazioni e le Società Scientifiche che hanno contribuito a rendere possibile questo studio: in Italia AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), AIL (Associazione Italiana Contro le Leucemie-Linfomi e Mieloma ONLUS), SIES (Società Italiana di Ematologia Sperimentale). Negli Stati Uniti National Institute of Health (NIH), Department of Veterans Affairs e Leukemia and Lymphoma Society.

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