Verso un’altra normalità

Nov 11, 2025 | Articoli Fatti Chiari AIL, News

La nuova Residenza AIL di Vimodrone ha aperto le sue porte ai primi ospiti, che hanno voluto raccontare cosa significhi per loro questa esperienza di malattia, ma anche di accoglienza.

Sono passati pochi mesi da quando è diventata definitivamente attiva: si è trattato di un progetto lungo, ambizioso, impegnativo, pensato per rispondere alle esigenze dei pazienti ematologici e dei loro familiari. Ci sembrava di aver fatto tutto per il meglio, ma la vera prova del nove era il vissuto di chi la vive ogni giorno.

Per noi si chiama “Residenza AIL”, per tutti gli ospiti è diventata “casa”.

Ed era proprio questo l’obiettivo, che tutti gli ospiti, pazienti e familiari, si sentissero bene (nonostante tutto), proprio come nelle loro case. Questo vuol dire che gli spazi, l’arredamento, i servizi al suo interno, la collocazione, il cortile esterno, il paese stesso di Vimodrone hanno “saputo accogliere” proprio come speravamo.

Gli alloggi sono confortevoli, noi due stiamo veramente bene, la casa è silenziosa, la notte non senti alcun rumore, ti senti a casa”. Queste le parole di Valeria, che ha accompagnato il marito Gabriele, in cura al San Raffaele per una patologia rara, una “neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN)”. Quando possono fanno due passi in paese – la Residenza è proprio nella zona centrale di Vimodrone- piano piano, perché le cure indeboliscono e nelle ore calde è meglio restare al fresco in casa, e così fanno anche Piera e Gigi, che vengono da Sassari, e Sergio, che è stato a lungo solo in questa casa aspettando che sua moglie Concetta fosse pronta per il trapianto, chiusa per tanto tempo in ospedale.

Sentirsi a casa significa, anche, occupare tutti gli spazi che la Residenza mette a disposizione.

Maria Luisa, moglie di Paolo, la mattina presto prende il suo tappetino e nell’area comune pratica yoga. Sono residenti a Trento, anche se hanno studiato entrambi a Milano: per non disturbarlo usa la sala comune che può essere utilizzata anche per lavorare. Ci sono tavoli per i portatili, si può scrivere, bere il caffè, ci sono divani comodi per rilassarsi, un grande televisore che viene acceso soprattutto quando ci sono eventi sportivi importanti, perché spesso sono i mariti a ritrovarsi la sera davanti a quella TV.

Paolo, rientrato dall’ospedale, ha subito occupato uno dei tavoli dello spazio comune per riavvicinarsi al lavoro (è un informatico come Maria Luisa): dice che avere uno spazio in più sempre accessibile oltre l’appartamento è utile, così ognuno può fare ciò che desidera con più libertà.

Valeria ha ottenuto di lavorare in smartworking e lo ha fatto spesso negli spazi comuni che, durante la mattina, sono spesso vuoti, in particolare negli orari durante i quali vengono solitamente effettuati controlli medici e visite in ospedale.

Piera e Gigi hanno assistito a una delle iniziative di intrattenimento organizzate per alleggerire le giornate nell’attesa di stare meglio: un gruppo di musicisti è venuto a provare il loro repertorio proprio lì, nell’area comune, dove c’è anche un bel pianoforte elettrico. Noi non avevamo mai visto un concerto di musica classica, è stato bellissimo. Sarebbe bello se lo organizzassero ancora…” ha detto Piera.

Anche i servizi presenti sono stati pensati per chi sta affrontando queste patologie

Un esempio è il locale lavanderia. Marina, a Milano per il trapianto insieme al marito Tiziano, era preoccupata per il bucato “dopo il trapianto devi seguire dei protocolli molto rigidi, fare attenzione. Nella Residenza AIL mi sono domandata “ma ci sarà l’asciugatrice?” Perché tu i panni non li puoi far asciugare all’esterno.” Sembrano piccole cose per chi non sta vivendo un’esperienza come la loro, direttamente o accompagnando un congiunto, ma che invece hanno grande valore.

Essere insieme, incrociarsi per le scale, sui pianerottoli, porta naturalmente alla condivisione. Ed è un bene.

Gabriele si è sentito sollevato. “Avere coinquilini che hanno le tue patologie è utile. C’è uno scambio di opinioni, si sta assieme. Condividendo le storie tra noi ti rafforzi, dici “non sono l’unico sfortunato”, vedi che, bene o male, tutti abbiamo fatto un percorso tortuoso.” Maria Luisa si sente più serena. “Essere ospitati in questa ci ha tolto tutta una serie di problemi. È comodissimo per andare in ospedale, non potremmo chiedere di meglio. Abbiamo anche conosciuto un’altra coppia: potremmo pensare di fare delle cose insieme, guardare qualcosa in televisione, giocare a burraco…

Ma sono le persone che hanno il potere di far sentire accolti, a casa.

Marina, Sergio, Piera, gli ospiti della Residenza di Vimodrone possono contare su un intero paese che ha voglia di fare spazio, integrare: qui si conoscono tutti. Quando Tiziano ha detto in rosticceria che sarebbe stato bello avere un forno a microonde per scaldare le pietanze – da solo non aveva proprio voglia di cucinare!- il negoziante ha avvisato Rita, la volontaria AIL responsabile della Residenza, e il giorno dopo il microonde era già nell’appartamento. E poi ci sono gli accompagnatori AIL che si occupano di effettuare il trasporto presso i luoghi di cura, chi si occupa di tenere in ordine la Residenza, tutte persone sensibili, che hanno a cuore la serenità di chi vive, per diversi mesi, all’interno della Residenza di Vimodrone.

Milano sta diventando una città difficile, gli affitti sono molto elevati e così anche i costi della vita. Un aiuto non da poco riguarda la gratuità.

La malattia ha un impatto importante anche sul tenore di vita. Prima di arrivare nella Residenza di Vimodrone diversi ospiti hanno provato altre soluzioni, soggiornato in bed & breakfast, hanno vissuto in altre case destinate ad affitti brevi, oppure si sono sistemati in situazioni di fortuna. Vivere a Milano è un altro ”peso” da affrontare, perché viaggiare per curarsi costa, da tanti punti di vista. Invece per AIL tutti hanno diritto a ricevere le cure migliori, ovunque siano somministrate, e così le case AIL, anche questa di Vimodrone, sono sempre gratuite per chi sarebbe, altrimenti in difficoltà.

Valeria ha accettato di ricevere metà stipendio per seguire Gabriele, Concetta ha chiuso il negozio di abbigliamento quando si è ammalata del secondo tumore del sangue e si è dovuta trasferire a Milano dalla Puglia insieme a Sergio. Marina lavorava nella panetteria di famiglia, occupandosi della contabilità e adesso quel ruolo è passato a un commercialista. E poi c’è sempre un’altra casa da mantenere, quella che si è dovuta lasciare, dove magari ci sono i figli rimasti a studiare oppure vuota, mentre i contatori continuano a girare, ci sono le spese condominiali, le tasse, e molto altro ancora.

Ci si penserà dopo? Sì, forse, perché è più importante guarire.

Si chiederà aiuto ai familiari, sicuramente saranno generosi, però è sempre difficile dover chiedere.

Se ne parla con AIL, con la massima discrezione, e così la casa dove restare per il periodo delle cure, i trasporti in ospedale e ritorno, sono un pensiero in meno, una leggerezza in più.

La Residenza AIL di Vimodrone ormai ha preso vita.

Si è riempita delle emozioni, delle parole, delle preoccupazioni, dei sorrisi, dei piccoli passi avanti quotidiani che hanno il sapore di una strana, ma positiva, normalità.

È una tappa di un percorso di cura che dovrà portare alla guarigione, alla remissione della malattia, alla sua stabilizzazione, il punto di partenza per tornare a casa, quella “vera”.

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