La testimonianza di Marcello e Paolo
Quando AIL Milano mi ha contattata per chiedermi di raccontare cosa, da un punto di vista emotivo e psicologico, implica l’esperienza del trasferimento in una città lontano da casa per accedere ad un percorso di cura, ho ritenuto necessario coinvolgere gli esperti in materia. Non volevo incorrere nell’errore di appropriarmi di un’esperienza per tradurla e convertirla in un contenuto tecnico. L’obiettivo prefissato era quello di creare un contenuto autentico capace di parlare e di raccontare una storia. E così, ho chiesto ai migliori esperti in materia. Quelli che vi presento qui, sono Marcello e Paolo, due miei pazienti che ringrazio per avermi reso copartecipe della loro storia e per avermi dato il permesso di condividerla.
Marcello
“Era il 23/07/2021 quando a seguito di un periodo di invasiva e pervasiva stanchezza mi fu diagnosticata la Leucemia. Fu come un maremoto. Un momento violento, aggressivo, distruttivo. Iniziai un percorso di cura presso l’ematologia del mio paese con una prima linea terapeutica di chemioterapia. A ripensarci oggi mi rendo conto di quanto fosse timido quel tentativo. La malattia, infatti, non cessò il suo avanzare. Mi diede semplicemente sei mesi di tregua. 06/01/2022 ritorno di malattia. Anche se forse, non mi aveva mai lasciato. Il mio ospedale non aveva più strumenti adatti per me. Non avevo strumenti e non avevo tempo. Il mio compagno contattò l’Istituto dei Tumori di Milano e nel giro di una settimana ci trovavamo a 1000 km di distanza da casa, in una città complessa ed esigente e noi eravamo senza affetti ed effetti personali, senza un luogo in cui stare e con una sentenza: “Bisogna intervenire. Inizia domani con il ciclo di CT e avviamo una serie di esami per valutare la compatibilità per un trapianto di midollo”. Ero nudo davanti ad un mondo privo di significati in cui riconoscermi. La mia identità, cancellata prima da una malattia e, dopo, da un trapianto che mi avrebbe consegnato il codice genetico di un altro. Privo di punti di riferimento, insieme al mio compagno abbiamo cercato un alloggio in cui stare per quel lungo periodo che mi avrebbe visto coinvolto in un passaggio verso la sopravvivenza. La vita. Una nuova vita. Una nuova identità. Avevamo bisogno di una casa, di una certezza, di qualcosa che fosse familiare. Un posto in cui tornare e rimettere insieme i pezzi. Capimmo che a Milano c’erano diverse associazioni; ne contattammo diverse e tra tutte AIL Milano è stata quella che ci ha dato una risposta tempestiva. Infatti dopo una decina di giorni ci aveva fornito, gratuitamente, un alloggio in cui stare per tutto il tempo a noi necessario. Quando entrammo in casa eravamo senza lavoro, senza oggetti, senza amici e famiglia. Quel giorno ci ha accompagnato un volontario che è diventato un amico e che si è poi preoccupato di venirmi a prendere e di portarmi in ospedale. In quella casa, sono state le persone a farne casa. Senza quell’accoglienza, quella presenza e quella disponibilità non solo non avrei avuto le risorse economiche per sostenere un impegno del genere ma probabilmente non avrei vissuto il tutto con la naturalezza che ha poi contraddistinto l’intero periodo. Ad oggi è trascorso un anno ed io probabilmente potrò, a breve, tornare alla mia vita. Una vita che non sento più mia, e che, una volta tornato a casa, dovrò ristrutturare e ri-arredare con quanto scoperto qui”