Fabio Cerminara, ingegnere elettronico  di 36 anni, ha ricevuto la diagnosi nel 2013. Da settembre è ospite in una struttura dell’Ail dove è protetto dal rischio di infezioni che possono insorgere a causa della debolezza del suo sistema immunitario. “La malattia ha cambiato le mie priorità, ma inseguo ancora dei sogni”

144209768-753e4c8f-8928-4094-8f71-074aac689ece“Conducevo una vita stressante, poi la malattia mi ha fatto riflettere sulle priorità. Ora sogno una famiglia, vorrei diventare insegnante e seguire i miei hobby, il trekking e la pesca. Perché non ho mai smesso di fare progetti”. Un percorso che si è rivelato più difficile di quello di suoi coetanei che hanno già potuto realizzare i loro desideri. AFabio Cerminara, ingegnere elettronico  di 36 anni, nel 2013 è stato diagnosticato un linfoma non Hodgkin. Aveva i linfonodi ingrossati, ma al momento non sembrava una cosa particolarmente grave. E’ passato un po’ di tempo prima che venisse fatta la diagnosi giusta. Dalla sua città, Cicala, in Calabria, Fabio è andato a Milano per altri esami e nel gennaio 2013 è arrivata la diagnosi. Nel dicembre dello stesso anno viene sottoposto a un trapianto di cellule staminali autologhe (prelevate dal suo stesso organismo). Fabio è riuscito a ritornare a casa sua per un certo periodo. Ma nel luglio 2015 il linfoma si è ripresentato e lui dovuto ritornare al centro milanese per sottoporsi a un altro trapianto, questa volta allogenico, ossia da donatore.

Com’è la sua vita oggi?
“Da settembre scorso sono ospite in una casa dell’Ail, Associazione Italiana contro le leucemie, linfomi e mielomi. E’ un luogo sicuro, perché non vivo a contatto con altre persone e sono protetto dal rischio di infezioni: il mio sistema immunitario è molto debole in questo momento. E’ una casa confortevole, e mi permette di rimanere in uno spazio personale per riposare dopo le terapie e i controlli cui devo sottopormi in ospedale. Sempre a causa del mio sistema immunitario ‘a rischio’, è meglio che non prenda i mezzi pubblici per spostarmi. Mi accompagnano e mi vengono a prendere in auto i volontari della Lilt (lega italiana lotta contro i tumori), sono molto gentili e so che su di loro posso fare affidamento”.

Quali altri cambiamenti ha portato questa malattia?
“Seguo un’alimentazione regolare, mi sono documentato e ho imparato quanto sia importante mangiare correttamente. In ospedale e in altri centri specializzati ho trovato opuscoli e diverso materiale informativo molto utile per capire come fare la spesa. Poi quando mio padre viene a trovarmi dalla Calabria mi porta olio buono e le verdure che coltiva nell’orto. Si alterna con mia mamma, che ha lasciato un impiego che aveva per starmi vicino. Non riusciva a prendere troppi permessi e ha dovuto licenziarsi. Ci si deve adattare e affrontare la situazione tutti insieme. In ospedale scambio qualche parola con gli altri pazienti. Ma non c’è molto tempo, siamo impegnati a passare da un controllo all’altro. E io non voglio caricare sugli altri i miei pensieri.  Ho un ottimo rapporto con gli infermieri, che sono sempre disponibili e sanno come distoglierti dalle preoccupazioni. La dottoressa che mi segue dal 2012 è molto brava ed esperta”.

Che progetti sta facendo per il suo futuro?
“Sono laureato in ingegneria elettronica e prima di ammalarmi ero assunto in un call center. Per migliorare però volevo iscrivermi a un master al Politecnico di Torino. Poi mi sono ammalato. Ma bisogna sempre avere progetti per il futuro. Se dovessi dire quale è il mio obiettivo dal punto di vista lavorativo, mi piacerebbe fare l’insegnante, ho avuto modo di fare qualche supplenza come docente di elettronica e il ruolo di professore mi piace moltissimo. Spero di poter avere la possibilità di insegnare  seguendo i vari percorsi che si presenteranno, tra concorsi e graduatorie varie. Durante questo periodo di cura ho avuto molto tempo per riflettere sul futuro, perché diventa inevitabile il confronto con i miei amici e coetanei, molti dei quali sposati e con bambini e, come si dice dalle mie parti, sistemati. Per me il percorso di vita è stato più difficile, ma a causa di questa malattia ora so cosa voglio e cosa non voglio nella mia vita. Prima conducevo una vita molto diversa e meno regolare con molti fattori di stress, ora I miei progetti sono molto semplici: vorrei solo una famiglia e vedere i miei genitori accudire e crescere dei nipotini e non solo dover prendersi cura di me che di anni ne ho 36. Penso che meritino anche loro un po’ di serenità.  Vorrei, come ho detto, riuscire a entrare nel mondo della scuola, ma fondamentalmente ho imparato a evitare le molte cause di stress, per vivere una vita semplice e regolare coltivando le mie passioni che sono il trekking e la pesca”.

 Intervista apparsa su Repubblica.it il 21 luglio 2016

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