LE NEOPLASIE MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE PH’ NEGATIVE

 

Le neopalsie mieloproliferative croniche Ph’ negative sono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da proliferazione anomala e neoplastica delle cellule staminali mieloidi, ossia le cellule midollari progenitrici dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine circolanti nel sangue periferico.
A causa di tale alterazione il midollo osseo produce troppi globuli rossi, globuli bianchi o piastrine.
Esistono diversi tipi di queste patologie, ognuna con caratteristiche proprie. Tali patologie sono caratterizzate da un aumentato rischio trombotico (di entità variabile in base alle diverse diagnosi) e di
evoluzione in leucemia acuta.

INCIDENZA

La loro incidenza in Italia varia a seconda del sottotipo di malattia. Si va da 5 casi su 100.000 persone all’anno nella policitemia vera a 1 caso su 100.000 persone all’anno nella mielofibrosi primaria.
L’età mediana di insorgenza è solitamente > di 60 anni.

DIAGNOSI

Per la diagnosi sono richiesti esami del sangue e la valutazione osteomidollare (aspirato midollare e biopsia osteomidollare)
1. Esami del sangue: in particolare l’emocromo con formula leucocitaria (spesso presenta alterazioni del numero di globuli bianchi, globuli rossi o piastrine) e la ricerca di mutazioni specifiche, ovvero la presenza del cromosoma Philadelphia e/o mutazioni a carico dei geni JAK2, CALR, MPL.

I medici inoltre richiederanno ulteriori esami di completamento per una giusta diagnosi differenziale con altre patologie (ad esempio LDH, urea, urato, creatinina, elettroliti, funzione epatica, dosaggio eritropoietina, TSH, sideremia, transferrina, ferritina, dosaggi ormonali, B12 e acido folico)
2. Esame del midollo osseo: aspirato midollare (per analisi morfologica, immunofenotipica, citogenetica e molecolare) e biopsia osteomidollare per studiare la cellularità del midollo e la
presenza di tessuto fibrotico.
Verrà inoltre richiesta un’ecografia addome poiché spesso queste patologie sono caratterizzate da splenomegalia (incremento del diametro della milza).

Ulteriori esami strumentali potrebbero essere prescritti dal medico per escludere altre patologie e in base all’anamnesi personale del paziente.

CLASSIFICAZIONE

– Policitemia vera
– Mielofibrosi pre-fibrotica, primaria o secondaria a trombocitemia essenziale o policitemia vera
– Trombocitemia essenziale
– Neoplasie mieloproliferative, non altrimenti specificate

NEOPLASIE MIELOPROLIFERATIVE Ph’ NEGATIVE

Le principali neoplasie mieloproliferative Ph negative sono la policitemia vera (PV), la Trombocitemia Essenziale (TE) e la Mielofibrosi Primaria (P-MF).

Questa patologie possono presentare alcune caratteristiche comuni:

– Sintomi da iperviscosità (cefalea, prurito che peggiora dopo la doccia, formicolii e parestesie alle mani e piedi, alterazioni della vista o dell’udito, arrossamento del volto) e splenomegalia (che causa peso e dolore al fianco sinistro o sensazione di ripienezza precoce dopo aver mangiato).
– Decorso clinico: rischio di evoluzione in mielofibrosi secondaria (MF) o leucemia acuta (LA) secondaria.
– Aumentato rischio trombotico
– Presenza di mutazioni driver: dal 2005 in poi, sono state identificate mutazioni che favoriscono la proliferazione cellulare e le più frequenti sono le mutazione del gene JAK2 (la più frequente è la mutazione V617F, ma possono verificarsi nella policitemia vera mutazioni a carico dell’esone 12 del gene JAK2) del gene che codifica per una proteina chiamata Calreticulina (CALR) edel gene che codifica per il recettore della trombopoietina (MPL).
– La terapia e la prognosi variano a seconda del tipo di patologia. L’obiettivo terapeutico è mirato a ridurre il rischio trombotico associato a tali patologie, a contenere i sintomi associati e ridurre il rischio di evoluzione.

POLICITEMIA VERA -PV

Sindrome mieloproliferativa caratterizzata da incremento dei globuli rossi ( ematocrito e del valore di emoglobina) che rendono il sangue “più denso”. Anche il numero di globuli bianchi e piastrine può aumentare. L’incremento delle cellule nel sangue può determinare sintomi da iperviscosità (vedi sopra) e favorisce gli eventi trombotici. La maggior parte dei pazienti affetti da Policitemia Vera presentano la mutazione del gene JAK2 (V617F, più raramente dell’esone 12). Al momento della diagnosi oltre agli esami del sangue, alla ricerca di mutazioni e alla valutazione osteomidollare verranno richiesti alcuni esami per escludere patologie cardiorespiratorie che causano aumento dei globuli rossi nel sangue.
La terapia non è curativa e non cambia il decorso della malattia, ma ha come obiettivo quello di ridurre il rischio di eventi trombotici e di contenere i sintomi riferiti dal paziente. A seconda dell’età e dell’anamnesi positiva per pregressi eventi trombotici, i pazienti vengono classificati in due categorie (basso e alto rischio). I pazienti a basso rischio vengono generalmente trattati solo con la terapia antiaggregante (aspirina a basse dosi) e salassi con l’obiettivo di mantenere l’ematocrito inferiore a 45%; per i pazienti ad alto rischio, a questi due presidi terapeutici si aggiunge una terapia citoriduttiva (idrossiurea) per contenere il numero di cellule circolanti nel sangue periferico. Ulteriori opzioni farmacologiche sono rappresentate da ruxolitinib (farmaco inibitore delle proteine JAK) e ropeginterferon-alfa-2b (una nuova formulazione di interferone a lunga durata), che vengono considerate qualora il paziente risulti intollerante o resistente alla terapia con idrossiurea. Poiché si tratta di una patologia ad aumentato rischio trombotico ogni paziente verrà educato a mantenere uno stile di vita che riduca al minimo ulteriori fattori di rischio (evitare il fumo, praticare sport, alimentazione controllata evitando grassi, alcool ed eccesso di carboidrati …)

TROMBOCITEMIA ESSENZIALE -TE

Sindrome mieloproliferativa caratterizzata da incrementata produzione di piastrine. Il 25% dei pazienti non presenta mutazioni diagnostiche alla diagnosi, per cui tale patologia viene diagnosticata sulla base
degli esami (escludendo altre condizioni acute o croniche infettive o infiammatorie che possono presentare incremento di piastrine) e dopo attento studio della valutazione osteomidollare. La patologia
è caratterizzata da aumentato rischio trombotico e i sintomi e i segni riferiti sono quelli comuni a tutte le sindromi mieloproliferative.
Anche per questa patologia la terapia non è curativa e non cambia il decorso della malattia, ma ha come obiettivo quello di ridurre il rischio di eventi trombotici e di contenere i sintomi riferiti dal paziente.
Per impostare una corretta terapia nei pazienti affetti da TE si considerano alcuni fattori: eta’, anamnesi positiva per pregressi eventi trombotici, presenza della mutazione JAK2V617F, presenza di ulteriori fattori di rischio cardiovascolare. A seconda delle caratteristiche il paziente potrà essere solo monitorato o trattato con terapie antiaggreganti (o anticoagulanti) e la chemioterapia orale (idrossiurea) per ridurre il numero di piastrine circolanti. La terapia con interferon viene generalmente considerata per pazienti giovani con necessità di ridurre il numero di piastrine. L’anagrelide è un farmaco che viene generalmente proposto nei pazienti intolleranti alla chemioterapia orale di prima linea o se tale terapia risulta inefficace, e necessita di un monitoraggio cardiologico a causa di alcune reazioni avverse segnalate.

MIELOFIBROSI PRIMITIVA -MF

Sindrome mieloproliferativa caratterizzata da proliferazione anomala delle cellule del midollo osseo associata a fibrosi del midollo e incremento delle dimensioni della milza (splenomegalia). La fibrosi determina una cicatrizzazione del tessuto midollare con un rallentamento nella produzione delle cellule del sangue, così si verifica il fenomeno di ematopoiesi extramidollare in particolare nel fegato e nella milza (il fegato e la milza iniziano a produrre cellule del sangue, di conseguenza aumentano di dimensioni).

La malattia può essere distinta in tre categorie:
– mielofibrosi pre-fibrotica, la cui diagnosi viene posta sulla base delle caratteristiche morfologiche delle cellule del midollo osseo e non è presente fibrosi avanzata
– mielofibrosi primaria (o overt)
– Mielofibrosi secondaria a policitemia vera (PPV-MF) o Trombocitemia essenziale (PET-MF), la cui diagnosi presuppone una precedente diagnosi di policitemi vera o trombocitemia esenziale.

Spesso all’esordio i pazienti possono presentare all’esame emocromocitometrico incremento dei globuli bianchi e delle piastrine con riduzione dei valori di emoglobina, presenza di cellule immature nel sangue periferico (blasti), associati a splenomegalia. La maggior parte dei pazienti presenta una mutazione driver
(JAK2, CALR, MPL, ma circa il 20% dei pazienti non presente nessuna di queste mutazioni), è comunque necessario eseguire la valutazione osteomidollare per definire la diagnosi e il grado di fibrosi. I pazienti possono riferire stanchezza, dolori ossei, sudorazioni notturne o febbricola (cosiddetti sintomi costituzionali) e disturbi legati all’ingrossamento della milza oltre ai sintomi comuni generalmente riferiti nelle sindromi mieloproliferative.
La prognosi della malattia ed il rischio di evoluzione nelle fasi avanzate si legano a vari fattori, fra cui entità della leucocitosi (incremento dei globuli bianchi), anemia, presenza di blasti circolanti, presenza di
sintomi costituzionali, ed in base alla presenza di ulteriori mutazioni genetiche, che possono essere riscontrate alla diagnosi o essere acquisite durante il decorso della malattia.
La terapia della mielofibrosi viene valutata in base alla diagnosi ed alle manifestazioni della malattia.

Gli approcci terapeutici variano da:
– osservazione e/o terapia antiaggregante nei casi di mielofibrosi pre-fibrotica
– terapia citoriduttiva con idrossiurea
– Inibitori di JAK. Questi ultimi farmaci attualmente a disposizione sono tre: ruxolitinib, fedratinib e
momelotinib.

I primi due possono essere utilizzati sia come terapia di I linea (nei pazienti che presentano un rischio intermedio o alto), che nelle fasi successive e sono soprattutto indicati per la riduzione delle dimensioni della milza ed il controllo dei sintomi costituzionali. Il momelotinib è indicato anche nei paziente che oltre alla splenomegalia ed ai sintomi presentano anche anemia moderata o severa.
– chemioterapia orale (idrossiurea), utilizzato per ridurre la l’incremento delle cellule nel sangue periferico.
– Supporto trasfusionale in caso di anemia severa o piastrinopenia (riduzione del numero di piastrine)

L’unica terapia potenzialmente in grado di guarire la mielofibrosi è rappresentata dal trapianto di midollo osseo da donatore (familiare o da registro) che per l’elevato rischio di complicanze viene riservata a
pazienti giovani con malattia aggressiva e rapidamente progressiva secondo gli score prognostici in uso.

 

Dott. Nicola Orofino

UOC Ematologia, Ospedale di Legnano, ASST Ovest Milanese

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