La leucemia mieloide cronica

La leucemia mieloide cronica è un tumore del sangue in cui un’alterazione cromosomica, la traslocazione (9;22), porta alla formazione del cromosoma Philadelphia in grado di indurre i globuli bianchi a proliferare in modo incontrollato a livello del midollo osseo.

Questo comporta un aumento del numero di globuli bianchi, anche immaturi, in circolo.  Sebbene nella metà dei casi la diagnosi sia occasionale, solitamente a seguito del riscontro di elevati valori di globuli bianchi, e che spesso all’esordio questa malattia sia asintomatica, questa con il passare del tempo può evolvere in una fase blastica, caratterizzata dall’aumento e dall’accumulo di precursori immaturi nel midollo osseo, da sintomi più importanti e decorso più aggressivo.

INCIDENZA

L’età mediana di insorgenza è 65 anni. Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 1.000 nuovi casi, con un tasso di incidenza pari a 1-2/100.000/anno. L’incidenza è maggiore nel sesso maschile.

 

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO

La causa della patologia è da ricercarsi nella presenza nel DNA delle cellule malate della traslocazione t(9;22). Tale traslocazione porta alla formazione di un gene anomalo, chiamato BCR-ABL, che, attraverso la produzione di una proteina appartenente alla famiglia delle tirosin chinasi, è in grado di attivare in modo costante la replicazione dei globuli bianchi nel midollo osseo.

Al momento non sono noti fattori di rischio specifici che siano coinvolti nella genesi della leucemia mieloide cronica; è noto, tuttavia, che l’esposizione a radiazioni ionizzanti aumenti la probabilità di ammalarsi di questa malattia.

SINTOMI E SEGNI

Nella maggioranza dei casi la diagnosi avviene durante la fase cronica e i sintomi caratteristici sono pochi o assenti. I sintomi più comunemente associati alla patologia sono: stanchezza (astenia), sudorazioni notturne, perdita di peso e febbricola; altri sintomi possono essere legati all’incremento dimensionale della milza (splenomegalia), come ad esempio avvertire dolore al fianco di sinistra o un senso di sazietà precoce.

Quando la malattia viene diagnosticata o evolve in fase blastica, i sintomi divengono più importanti: calo di peso, sensazione di fiato corto, febbre o febbricola ricorrente, stanchezza, infezioni, sudorazioni notturne, in associazione o meno a sintomi legati alla splenomegalia.

DIAGNOSI E CLASSIFICAZIONE

Il sospetto diagnostico in genere insorge sul riscontro di un elevato numero di globuli bianchi maturi (ma talvolta anche di precursori immaturi e intermedi) agli esami del sangue, in assenza di altre cause (ad esempio infezioni in atto); durante la fase cronica a volte si rileva anche un aumento del numero di piastrine circolanti. A volte è presente anche la splenomegalia, che generalmente viene indagata tramite l’esecuzione di un’ecografia addominale.

La diagnosi si basa sulla positività della ricerca del trascritto BCR-ABL nel sangue e sull’esame del midollo osseo (che mostrerà un aumento dei globuli bianchi e dei loro precursori a livello midollare e sulla presenza del cromosoma Philadelphia nelle cellule leucemiche).

La fase blastica è caratterizzata in genere da un aumento dei globuli bianchi immaturi in circolo, da un contestuale calo dei valori di emoglobina e piastrine e dall’incremento dei diametri della milza.

STADIZIONE E PROGNOSI

La prognosi della malattia è legata alla fase in cui si trova; quando evolve in fase blastica (cioè quando a livello midollare le cellule immature, dette “blasti”, rappresentano più del 20% delle cellule) la malattia acquisisce delle caratteristiche che la rendono più aggressiva e più resistente ai trattamenti disponibili.

La definizione della prognosi della leucemia mieloide cronica in fase cronica dipende da vari fattori, tramite i quali è possibile definirne il rischio (basso, intermedio o alto). La classificazione del rischio è fondamentale poiché consente di prevedere la risposta alle terapie e la prognosi specifica del paziente, diventando uno strumento molto utile per la scelta terapeutica.

I criteri che consentono di classificare la leucemia mieloide cronica in fase cronica in categorie di rischio sono:

  • L’età del paziente;
  • Il numero di piastrine
  • Le dimensioni della milza
  • La percentuale di cellule immature nel sangue
  • La percentuale di eosinofili e basofili nel sangue

TERAPIA

Attualmente la terapia di scelta per questa patologia è rappresentata dall’uso di farmaci specifici chiamati inibitori delle tirosin chinasi (TKI); questi farmaci, generalmente ben tollerati, hanno permesso di raggiungere ottimi risultati nel controllo di questa malattia e attualmente la chemioterapia tradizionale e il trapianto di cellule staminali da donatore (allogenico) vengono destinati solo a casi selezionati resistenti alle terapie disponibili. Solo in alcuni casi è necessario eseguire per brevi periodi una chemioterapia con lo scopo di ridurre il numero di globuli bianchi circolanti prima di introdurre il TKI.

Gli inibitori delle tirosin chinasi bloccano l’attività proliferativa delle cellule tumorali che possiedono il gene BCR-ABL. Attualmente sono in uso diversi farmaci appartenenti a questa categoria: il primo ad essere stato sviluppato è stato imatinib. Altri TKI sviluppati successivamente e il cui uso è attualmente approvato in I linea (ossia, come primo trattamento dopo la diagnosi) sono dasatinib e nilotinib. Bosutinib e ponatinib sono invece attualmente riservati ai pazienti che si siano dimostrati intolleranti o resistenti ad altri TKI. Tutti i TKI devono essere assunti in modo continuativo e nella maggioranza dei casi consentono di ridurre abbastanza rapidamente le cellule leucemiche, cosa che si riflette in un miglioramento dell’emocromo (risposta ematologica). Tuttavia, attualmente siamo in grado di misurare gradi di risposta più profonda andando a rilevare la quantità di proteina BCR-ABL prodotta dalle cellule leucemiche nel sangue (risposta molecolare). È fondamentale eseguire uno stretto monitoraggio, in genere ogni 3 mesi, del livello plasmatico di questa proteina in modo da determinare il grado di risposta alla terapia e rilevare in tempi rapidi la presenza di eventuali resistenze a un determinato TKI che potrebbero rendere necessario un cambiamento di farmaco.

Gli effetti collaterali, che possono verificarsi soprattutto durante i primi mesi di terapia, sono variabili in base al TKI e spesso sono controllabili in maniera efficace. Solo in alcuni casi sono tali da rendere necessario cambiare farmaco.

Se la risposta ottenuta con un TKI risulta ottimale, dopo alcuni anni di trattamento alcuni pazienti possono arrivare a sospendere il farmaco proseguendo con il solo monitoraggio degli esami del sangue e del livello di trascritto BCR-ABL, in modo da poter riprendere in maniera tempestiva la terapia in caso di nuovo incremento del trascritto.

L’introduzione dei TKI ha modificato profondamente la gestione e il controllo della malattia negli ultimi anni; attualmente, infatti, l’impiego di terapie utilizzate in precedenza, come l’interferone, è limitato ad alcuni casi specifici (ad esempio, nelle pazienti in stato di gravidanza quando i TKI siano controindicati).

I pazienti più giovani resistenti a più inibitori delle tirosin chinasi o con malattia avanzata possono beneficiare del trapianto di cellule emopoietiche da donatore.

Con le metodiche di monitoraggio del trascritto BCR-ABL, sempre più sensibili, che hanno permesso un maggior controllo della leucemia mieloide cronica e una più precoce rilevazione di eventuali resistenze o fallimenti terapeutici, l’evoluzione in fase blastica è considerato un evento raro. Tuttavia, quando ciò accade, la terapia solitamente si basa sulla chemioterapia con l’eventuale associazione di TKI; i pazienti giovani che abbiano a disposizione un donatore devono essere valutati per un programma di trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche.

Un’altra opzione terapeutica per i pazienti che hanno fallito più TKI è rappresentata dall’impiego di nuovi farmaci nell’ambito di protocolli di studio; in questo modo può essere consentito ai pazienti l’accesso a terapie non ancora garantite dal nostro sistema sanitario nazionale.

Dott.ssa Francesca Rezzonico

Specialista Ematologa UOC Ematologia

Ospedale di Legnano, ASST Ovest Milanese

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